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La nostra porta per le Filippine: Cebu

Atterriamo a Cebu, una delle 7000 isole delle Filippine, intorno all’una del mattino. Gli steward della Cebu Pacific ci accompagnano fino all’ingresso con l’ombrello, dato che piove a dirotto. Ai controlli dei passaporti ci aspetta una coda infinita, che si smaltisce dopo un’ora buona. Ritiriamo gli zaini e cerchiamo un Atm per avere moneta corrente. I taxisti ci chiedono cifre doppie rispetto a quanto dovremmo spendere, perciò cerchiamo in un’altra piazzola e troviamo i taxi con il meter. Il nostro driver è molto simpatico, il suo viso somiglia all’attore di colore de Il miglio verde. Ci racconta che è strano che in questo periodo a Cebu ci siano ancora Tifoni o problemi col tempo, ma ci rassicura concludendo con un rincuorante “di solito durano uno o due giorni al massimo”. Esausti arriviamo in albergo verso le 2.30, saliamo in camera e, dopo vari e vani tentativi con Skype per gli ultimi auguri di Natale (in Italia è ancora il 25 dicembre), crolliamo a letto. La stanza non è male, peccato che alle 6 del mattino non parta un motore -probabilmente legato all’evacuazione dei fumi del bar sottostante- che ci sveglia e non ci permette più di dormire. Non c’è acqua calda in bagno, per cui dopo una veloce doccia ci dirigiamo verso il porto. Qui inizia una delle ennesime scene da raccontare. Agli sportelli dei ticket office c’è già molta gente e un cartello appeso avverte la gente che le corse del 26 dicembre sono sospese causa allerta 1 tifoni. Tentiamo di capire cosa stia succedendo, ma nessuno sembra avere notizie certe. Per cui io mi metto in coda agli sportelli. Dopo un’ora e mezza arriva il mio turno e chiedo alla ragazza due biglietti per Bohol. Lei mi spiega che, causa cattive condizioni meteo, le corse del pomeriggio non sono garantite e devono attendere il bollettino del “weather man”. Le chiedo di nuovo cosa possiamo fare, lei, serafica, mi dice “aspettare”. Eh bhè, finora che abbiamo fatto? Torno da Marco che, in un eccesso di rabbia, alza la voce (tutti si girano, qui non è abitudine farlo) e dice che dopo tutto questo tempo almeno un biglietto lo dobbiamo avere in mano! Allora torno allo sportello, di fianco a me una ragazza mi spiega che la nave delle 11.30 ha imbarcato le persone, che poi sono state fatte scendere perchè da Bohol non hanno dato il permesso di partire. Anche lei sta acquistando i tickets per la corsa del giorno successivo alle 6.30 del mattino. Così faccio pure io, sperando che il tempo migliori. Nel frattempo dietro di me la coda è notevolmente aumentata, ci saranno almeno 200 persone. Il problema -oltre alla totale disorganizzazione e alla lentezza degli addetti allo sportello- è l’accumulo di corse soppresse per il maltempo: tutti devono o farsi rimborsare o cambiare il biglietto e queste operazioni sono possibili solamente agli sportelli (tre in totale, uno è chiuso, è Natale… sembra di essere alle Poste Italiane). La differenza con l’Italia è che, qui, nessuno si scompone, tutti stanno in fila -e non tentano di fregarti il posto nonostante non ci siano i numerini. Siamo pur sempre nel sudest asiatico, no?
Con i due biglietti in mano tentiamo di capire come muoverci. Non abbiamo la guida, ma fortunatamente avevo fatto le foto alle pagine di Cebu dalla guida di Alex e Stefi, così scegliamo un hotel consigliato che sia nei pressi del porto: hotel De Mercedes. Il taxista lo conosce e ci porta diretti, facendoci attraversare Colon, la via più antica della città. L’albergo è un po’ decadente, ma per una notte va più che bene. L’idea di passare ancora un giorno a Cebu non mi esalta, la città è piuttosto bruttina e molto incasinata. In strada non si trovano posticini per mangiare e ci rifugiamo all’ultimo piano di un centro commerciale. Non credo di essere mai stata in un luogo tanto alienante e triste allo stesso tempo: pareti gialle stile ospedale, niente finestre, condotti dell’areazione a vista e puzza di fritto. La carne del nostro hamburger ha un’altezza di circa 2mm e la consistenza di una suola. Ci aggiriamo per gli stand alla ricerca di altro cibo perchè quello è stato più un antipasto… Marco si lancia su una sorta di zuppa di riso in cui il riso è diventato una pappetta simil semolino e i pezzi di bambù sono duri come il marmo. Io mi arrischio con un uovo alla piastra e riso con trito di carne, fortunatamente passabile. Certo in giro non vediamo nulla di vagamente sano da ingerire: sembra che i Filippini mangino solo pollo e pesce fritti. Giriamo un po’ per la città, che non ha nulla di interessante né di particolarmente bello. Vicino al porto c’è ancora il forte costruito dagli spagnoli nel 1500, dopo essere sbarcati e aver conquistato l’isola. Tra l’altro è proprio qui che è morto Magellano, ucciso dal capo dell’isola!
Nel pomeriggio stiamo un po’ nella hall dell’albergo e cerchiamo informazioni riguardo la situazione meteo e su Bohol, nostra prossima destinazione. Qui conosciamo una coppia di italiani con un bambino, Giacomo, di 7 anni, che stanno viaggiando per le Filippine. Ci raccontano che sono arrivati da un’isola del nord e hanno avuto problemi con l’aereo perchè era proprio zona di maltempo, ma alla fine sono partiti. Hanno desistito dal prendere il biglietto per Bohol perchè sono arrivati al ticket office in tarda mattinata e la coda era davvero eccessiva. Sperano anche loro di partire domani e ci raccontano dei loro viaggi degli anni precedenti, anche con il bimbo piccolo, mitici!
La sveglia suona alle 4.45, siamo al porto alle 5.15, tranquillamente in tempo per i controlli e il check in del bagaglio in stiva e l’imbarco. Il mare stamattina è una distesa piatta, anche se in cielo ci sono nuvoloni scuri che non promettono bene. Il viaggio dura due ore, l’unico inconveniente è la solita aria condizionata esattamente alle nostre spalle… approdiamo al porto di Tagbilaran, a Bohol, alle 8.30: c’è il sole.