L’autobus che prenotiamo dovrebbe passare direttamente in albergo, anche perchè la strada principale è quella. Inspiegabilmente invece si ferma un kilometro più avanti, così il ragazzo in reception fa la spola con il suo motorino per portarci con gli zaini al “punto raccolta”. Si tratta di un autobus locale, ma grazie al cielo i sedili sono più reclinabili di quelli vip (o semplicemente i nostri sono rotti) e il viaggio notturno scorre senza eccessivi intoppi.
Il giro in bicicletta ci permette di vedere un po’ di vita rurale nei dintorni, ma poi le distanze diventano eccessive, sbagliamo strada e non riusciamo a raggiungere il lago.
Il mio pomeriggio scorre -in tutti i sensi- in bagno, forse complice anche la stanchezza che inizia a farsi sentire. Marco invece esplora una parte del lago in bici e poi in barca (il ritorno è troppo faticoso!).
L’Inle Lake è una delle attrazioni naturalistiche principali di tutto il paese: è incastonato tra due file di montagne che corrono tutt’intorno. È inoltre famoso per i pescatori, simbolo dell’iconografia diffusa del Myanmar, che qui adottano una tecnica particolare di pesca: in fondo alle piroghe lunghe e strette si tengono in equilibrio su una gamba, mentre con l’altra si bilanciano tenendo e manovrando il piccolo remo mentre sistemano le reti. Nel primo tratto del lago, però, alcuni di loro si appostano solamente per farsi fare le fotografie dai turisti e farsi pagare: meglio passare oltre e osservare quelli “veri”.
Il nostro giro in barca inizia all’alba, quando la luce non spacca ancora gli occhi, ma delinea svogliatamente le forme inesatte del paesaggio e delle persone. È questo il momento più affascinante, che cattura il cuore e gli occhi tra le increspature dell’acqua, i movimenti di danza dei pescatori e la linea dei rilievi che scorre più lontana. Fatta questa magica descrizione, sfatiamo subito il mito: l’idillio è interrotto dal rumore incessante dei motori a scoppio di tutte le barche che circolano, anche se dopo un po’ l’orecchio si abitua e l’irritazione diminuisce.
In questa zona ci sono, a turno su 5 giorni, i mercati Shan, con alcune minoranze che sono stanziate nell’omonima regione che si radunano per comprare e vendere di tutto, principalmente generi alimentari, ma anche manufatti vari. Si respira aria di autenticità, ed è divertente osservare la loro frenesia e contrattare i prezzi per alcuni souvenir. Finalmente qui possiamo cedere alla contrattazione più spinta, che tutti accettano volentieri e divertendosi quanto noi.
La prima parte della mattina è la migliore, non solo per la luce: nel pomeriggio il nostro barcaiolo ci costringe a tappe forzate in negozi galleggianti di artigianato locale che, nell’ordine, producono stoffe ricavate dal fiore di loto, oggetti intagliati nel bambù, gioielli d’argento, sigari senza nicotina aromatizzati e barche. Non che non sia stato curioso assistere ad alcuni dei processi di creazione (sena dubbio primo fra tutti l’estrazione dei fili dal gambo dei fiori di loto), ma il dubbio è che le varie lavorazioni non avvengano più in modo artigianale come viene mostrato ai turisti. Osservando bene, tutti i laboratori visitati non erano attivi, non c’erano persone che vi lavoravano attivamente per produrre, tanto che il sapore rimasto in bocca era di posticcio, di turistico puro, ben lontano dall’autenticità del mercato mattutino.
Ci fermiamo anche a visitare una pagoda e un monastero, particolarmente interessanti perchè, come tutti i villaggi qui intorno, si tratta di palafitte sull’acqua. E, sì, certo, i canali sono un po’ come quelli di Venezia. O forse sarebbe meglio non scomodare, in questo caso, la Serenissima…
7 gennaio 2016 at 4:08 PM
Come al solito…anzi forse più ancora del solito abbiamo apprezzato la descrizione e le tue considerazioni che scaturiscono dalle tue sensazioni…Giovanni spapparazzato sul divano,di ritorno dal rustico,che ascolta “vorace ” la mia lettura ad alta voce …(Dille che deve fare la scrittrice…mi dice..).Poi si godrà sul tablet le stupende foto,senza dover avvicinarsi al pc e senza ” scomodarsi ” dalla sua immancabile postazione..previlegiata.Grazie e abbracci…e baci
7 gennaio 2016 at 4:34 PM
E’ vero, nelle parole di Michi si sente il respiro e il profumo del lago; diverso eppur fascinoso, almeno all’alba. Anche la vita appare diversa ed alterna: dalla pesca ai cosiddetti lavori artigianali. Sentiamo però nel respiro poetico delle descrizioni di Michi la nostalgia del lago di Lecco (dal 9° piano di piazza Cappuccini!), di Venezia, di terra nostra… Le foto però sono l’arcobaleno poetico, quasi musicale, delle parole. Bellissime! Sarà che siete agli sgoccioli;.e la Thai vi aspetta con il suo fascino, il suo paesaggio, i suoi ritmi, le sue follie
un abbraccio
7 gennaio 2016 at 5:04 PM
Ciao Turisti!
Sono stato lontano dalla Brianza velenosa per solo qualche giorno e vedo che il blog si è arricchito tantissimo!
Stasera me lo leggo con calma.
Ora per Voi, un bel pensiero e un bel sorriso di riconoscenza.
Buona continuazione,
Edo